“Fisiologia vocale ed espressività"
Rilievi endoscopici e correlati spettrografici e vocaligrafici delle qualità vocali (cliccando sulle righe sottolineate compariranno immagini delle indagini spettrografiche e laringoscopiche)
Premessa
Con queste parole Angelo Marchese, nel suo “Dizionario di retorica e di stilistica”, Mondadori, Milano, 1978, amplia il concetto di prosodia classica, ridefinendolo alla luce di più recenti acquisizioni concettuali della linguistica moderna. In questa accezione, accogliamo il termine “prosodico” e lo applichiamo al lavoro di scrittura interpretativa, svolto dall’attore sul testo originale. Pertanto, intendiamo con partitura prosodica la trascrizione, fatta di didascalie e segni convenzionali, di un testo scritto in testo orale, operazione che si compone di 6 partiture sovrapposte: intenzionale, timbrica, tonale, testuale, ritmica, dinamica, le quali conferiscono al testo una dimensione di lettura verticale, risultante dal complesso stratigrafico delle varie indicazioni di carattere, qualità vocali, altezza dei suoni, elementi della dizione, valori pneumofonici, ritmo e intensità, che si attribuiscono ai distinti segmenti del testo (frase, verso, parola, sillaba o fonema). Questa lettura armonica, verticale, si somma alla lettura orizzontale, melodica e ne amplia le potenzialità espressive conferendole profondità d’indagine e maggior ricchezza di elementi connotativi. Serve inoltre a memorizzare “nero su bianco” una versione interpretativa e a riprenderla anche molto tempo dopo l’ultima esecuzione.
Schema di partitura prosodica
PARTITURA TIMBRICA
PARTITURA TONALE
PARTITURA TESTUALE
PARTITURA RITMICA
PARTITURA DINAMICA
Partitura intenzionale
Partitura timbrica
La partitura timbrica indica inoltre i tipi di timbratura dell’emissione vocale: timbrato, tim-brato–soffiato con le sottovarianti di “etereo” - “sfiatato” - “esalato”, soffiato, inspirato e l’eventuale presenza di una sforzatura, intesa come aumento della pressione sottoglottica, cui corrisponda una contrazione fisiologica (solitamente del muscolo costrittore medio del-la faringe) che comprima il libero flusso dell’aria in uscita.
Aspetti della timbratura fonatoria possono essere indicati anche nella partitura intenziona-le, come il carattere etereo di un segmento di testo.
Esercizi propedeutici
Eseguire le posizioni indicate.
Lingua: avanti (tutta in fuori) – normale – dietro (tutta in dentro, con abbassamento laringale, come nello sbadiglio)
Laringe: bassa (come nello sbadiglio) – normale – alta (come nella deglutizione)
Velo palatino: alto (come nello sbadiglio) – normale – basso (come nel conato di vomito)
Muscolo costrittore medio della faringe:
normale – contratto (come nel conato di vomito)
Pilastri faringei:
normali – tesi e medializzati (allo specchio, controllare che ai lati dell’ugola l’arco palatofaringeo si restringa)
Epiglottide: da bassa e arretrata ad alta e avanzata (seguire il percorso pronunciando nell’ordine, anche in silenzio, le seguenti lettere: u, ó chiusa, ò aperta, a, è aperta, é chiu-sa, i). Durante la deglutizione l’epiglottide è massimamente bassa e arretrata
Timbratura dell'emissione
Timbrato [TIMB]
Timbrato-Soffiato [TIMB-SOFF]
1 - “etereo”, di tipo espressivo, ma anche indotto tecnicamente da risonatori con riduzione del tempo di contatto come il PETTORALE, l’OCCIPITALE, il PARIETALE e il FLAUTO.
2 – “sfiatato”, spesso connotativo, nell’interpretazione, di uno stato di estrema stanchezza o di una sorta d’ipotonia espressiva.
3 – “esalato”, caratterizzante, nella maggior parte dei casi, un’affermazione definitiva o portatrice di una particolare serietà e/o gravità che, per l’appunto, “esala” per poi sfumare nel silenzio, prima di permettere alcuna ripresa d’energia fonatoria.
Soffiato [SOFF]
Inspirato [INSP]
Lo studio che segue, è il risultato di una ricerca foniatrica condotta dal Prof. Franco Fussi sul lavoro che l’attore Matteo Belli svolge sull’utilizzo dei risonatori della voce parlata, strumenti fondamentali nello sviluppo e nella definizione della partitura timbrica.
“Fisiologia vocale ed espressività: rilievi endoscopici e correlati spettrografici e vocaligrafici delle qualità vocali
Abbiamo cercato qui di sistematizzare alcune qualità vocali in uso nella voce attoriale secondo una terminologia che fa riferimento alla propriocezione d’uso delle due componenti (produzione ed espressività) da parte del performer, e in particolare, all’aspetto focalizzante del risonatore, e di analizzare a quali caratteri fisiologici corrispondessero.
Abbiamo pertanto individuato le modalità produttive e l’utilizzo espressivo di 18 risonatori (di cui 17 “fondamentali” e 1 “composto”) e li abbiamo suddivisi in due gruppi.
Il primo gruppo di risonatori viene discriminato e aggettivato dall’esecutore in base alle sensazioni vibratorie interne e al carattere percettivo del timbro vocale. Il secondo, che sottolinea l’origine eterodossa (rispetto al registro modale) della sorgente, viene aggettivato in base al carattere percettivo o in base all’effettore di sorgente.
Nel primo gruppo, l’atteggiamento (forma e dimensioni) dei risonatori (intesi come cavità orale, faringea, nasale, vestibolare) differenzia la specifica struttura armonica dell’emissione evidenziando il ruolo distrettuale di ognuno di essi.
Inoltre, nella didattica dei risonatori del primo gruppo, esiste poi un corredo fonetico facilitante che viene utilizzato, prima con flusso aereo insonorizzato e poi in voce, per individuare più agevolmente la "chiave" di proiezione risonanziale. Tra parentesi tonda e in corsivo tra virgolette, accanto al nome del risonatore (abbreviato tra parentesi quadra), vengono suggeriti i fonemi che si possono pronunciare, prima col fiato e poi col suono, per facilitare la ricerca della qualità vocale relativa al risonatore in questione. Individuato il risonatore, esso viene poi impiegato nell'articolazione verbale, anche variando l'altezza tonale dell'emissione.
I gruppi di risonatori - "Ortodossia della vibrazione cordale"
(“h” – suono muto a labbra aperte o semiaperte)
E’ l’emissione parlata professionale in registro modale, quella che ascoltiamo normalmente negli speaker o presentatori televisivi, in cui fisiologicamente ci troviamo di fronte a un’attività laringea in registro modale con posizione neutra e rilassata del vocal tract. Lo potremmo definire, in senso stilistico, il risonatore della "neutralità" espressiva, utilizzato in tutti quei casi in cui non si voglia connotare l'emissione vocale con specifiche qualità timbriche, tali da alterare il "colore del parlato medio" del locutore in questione. Nei toni gravi dell'estensione è presente maggiore energia acustica e maggior presenza di armoniche acute nello spettro (diffusione armonica): questa qualità fornisce alta intelligibilità. Poiché il risultato è basato sull’attività delle corde vocali, vi è un elemento di rischio quando la modalità viene esercitata a livelli elevati d’intensità, e in questo caso l’economia di gestione dello speech richiederebbe la sostituzione con altre qualità.
(“ò” – o aperta)
Il ‘focus’ pettorale comporta spettrograficamente un aggravamento formantico quindi un effetto di aggravamento timbrico, per ampliamento dello spazio vestibolare, non necessariamente quindi da abbassamento laringeo. La riduzione del tempo di contatto glottico (diminuzione delle forze adduttorie), con maggior flusso aereo durante l'emissione, forniscono all’emissione un carattere soffiato e una intensità relativamente debole, che conferiscono al timbro una qualità maggiormente eterea. Le componenti di rumore giustificano le alterazioni di Jitter (variazione o perturbazione relativa media periodo per periodo del Periodo Fondamentale) e Shimmer (variabilità relativa media periodo per periodo dell’Ampiezza picco-picco). L'impressione complessiva equivale a una sorta di "gravità ventosa", sfocata, poco timbrata, eterea. La compattezza percettiva del timbro del laringale, subisce quindi una sorta di dispersione, dilatazione e sfocalizzazione, connotando una emissione meno materica.
(“fó” – o chiusa)
L'allungamento verso il basso della cavità risonatoria determina l'inconfondibile aggravamento tonale di questo risonatore, per via dell'azione di "carotaggio" delle formanti prodotto dall'abbassamento laringale con senso percettivo di maggiore timbratura d’emissione. Tuttavia l’ovalare costrizione sagittale del vocal tract, conferisce all'effetto grave e timbrato dell’emissione anche un carattere intubato, frutto dell’estensione del contenimento dell'ampiezza vocal tract anche nel tratto mesofaringeo.
(“å” – suono scandinavo, mediano tra a e o)
Colore neutro, buona espressività formantica.
(“u” sbadigliata)
Il “sob” in realtà viene percettivamente assimilato ad una voce che piange, a laringe abbassata e vocal tract espanso il più possibile, cartilagine tiroide inclinata, false corde in retrazione laterale, tempo di contatto glottico basso. Propriocettivamente il suono è ‘vissuto’ posteriormente, a livello cranico e percettivamente appare distante, sommesso, scuro e attutito, similarmente all’emissione occipitale. La pressione sottoglottica è più bassa che in qualsiasi altra qualità. A livello acustico gli armonici acuti sono pochi e deboli; poco rappresentati oltre la prima formante. Il vocaligramma mostra valori elevati di SPI. Il sob, nel VoiceCraft, viene considerata la modalità vocale più riposante, anche se poco potente. E’ probabilmente proprio la sua scarsa potenza che genera spesso una tendenza compensatoria con aumento di pressione sottoglottica e comparsa di turbolenza che, nonostante il contatto glottico assente, alla vocaligrafia fa aumentare oltre soglia il fattore VTI (Voice Turbulence Index, Indice di turbolenza) con rientro normativo di SPI.
Oltre a un enorme ampiezza della cavità risonatoria, che va oltre il semplice ampliamento del vestibolo laringeo, l’emissione occipitale si caratterizza per la specifica focalizzazione all'indietro, con un effetto di emissione "absidale" non proiettata direttamente verso l'ascoltatore, come se il locutore parlasse con una grande bocca posteriore. Il carattere quasi di "fonte remota" si arricchisce di "gravità eterea" per mezzo dell'abbassamento laringale e della riduzione del tempo di contatto glottico durante la vibrazione cordale, che provoca un classico "sfiatamento" timbrato-soffiato.
(“ghé” – e chiusa)
Il timbro è chiaro per tendenza a sintonizzazione della fondamentale alla I formante.
La chiusura risonatoria di cui sopra, s’intride del colore timbrico spesso utilizzato per la "voce del topo". E' ancora una proiettività posteriore, come l’occipitale, con propriocezione di concentrazione in una zona interna centrale, più piccola e costretta.
(“m” sbadigliata)
Se non si mostrasse di debole intensità consentirebbe, come tutte le emissioni di testa, un agevole alleggerimento timbrico, tipico delle voci infantili e femminili, nutrendo la struttura armonica di frequenze acute.
(“chè” – e aperta per il palatale con la lingua bassa;
Lo si può definire come una sorta di laringale tonalmente più "chiaro" e portato in superficie, grazie ad una proiettività maggiormente accentuata verso la regione frontale che preserva questo risonatore da qualsiasi "rischio" di ingolamento laringale.
(“chi”)
E’ tipicamente usato come voce di testa, per caratterizzare la "chiarezza" di taluni timbri giovanili e femminili, con impoverimento dello spettro e registro percepito come non modale.
(“sci”)
Per la proiettività frontale, "di superficie" e subnasale, lo potremmo definire scherzosamente come la “voce dei baffi". Il labbro superiore è stirato, il timbro chiaro e querulo. Vaga tendenza alla sintonizzazione tra fondamentale e I formante. La ridotta ampiezza consonatoria, circoscritta all'area dell'arcata dentale superiore, connota timbricamente questo risonatore come espressione di una chiusa personalità del locutore, di mondo piccolo e avaro, accentuata dal carattere duro delle superfici di consonanza, prepalatali e dentali.
(“n” di no per pronunciare un suono consonantico;
La sensazione dell’esecutore è che la peculiare risonanza in un'area tanto vasta e ricca, come quella zigomatico-nasale, determina l'enorme possibilità di "disegno" e modellabilità spaziale del risultato sonoro con ampio gioco di variazioni timbriche, probabilmente per miscelazione con gli altri consonatori. Le potenzialità espressive sono talmente variegate, che è difficile ricondurre questo risonatore a un'identità specifica, che rischierebbe di risultare particolarmente riduttiva. Tipico è comunque l'impiego per tutte quelle voci che fanno della vera nasalizzazione un tratto distintivo di ottusità, di antipatia del locutore o gli conferiscono un carattere riflessivo, intellettualistico, per la prossimità della regione nasale alla mente; ciò accade, soprattutto, quando questo risonatore si fonde con l'apicale, colorandosi di testa.
(“n” velare di angoscia)
La minor "aggressività" frontale, ne acuisce il carattere di "interiorità", di riflessività più simpatica e bonaria dovuta anche a una consonanza più morbida.
Riepilogo delle qualità proiettive dei risonatori del I gruppo:
PETTORALE (di superficie, consonanza con direzione in basso verso il plesso solare)
FARINGALE (interno, in faringe)
UVULARE (interno, in orofaringe, zona ugola)
OCCIPITALE (di superficie, con direzione posteriore, verso la base del cranio)
VELARE (interno, su velo palatino)
PARIETALE (di superficie, con direzione diagonale-posteriore, verso la regione parietale)
PALATALE (interno, con direzione in avanti su palato duro)
APICALE (di superficie, con direzione ortogonale verso la sommità del cranio)
PREPALATALE (di superficie, con direzione in avanti, verso l’arcata superiore dei denti)
NASALE (di superficie, con direzione in avanti, verso l’area zigomatico-frontale)
NASALE-VELARE (interno, al confine naso-palato molle)
II Gruppo di Risonatori - "Eterodossia" della vibrazione cordale
Per l'acutezza tonale che consente, diffusissimo è l'uso che se ne fa per la contraffazione vocale in senso infantile e femminile. Spesso usato dai cantanti pop e rock è divenuto, per alcuni di essi, un vero e proprio sigillo d'identità vocale. Nel teatro, l'effetto di "alterità" consegna frequentemente questa emissione ad un utilizzo di "mascheramento", a volte sinistro, come di chi non vuole farsi riconoscere.
La componente armonica, che nel falsetto è limitata entro i 2000 Hz, nel flauto mostra una sintonizzazione tra fondamentale e I formante, con intensificazione della stessa. L'ampliamento della cavità vestibolare conferisce al timbro una maggior "importanza", rendendolo utilissimo nelle voci di "magica femminilità" o, comunque, di una femminilità più matura. Questa ampiezza di risonanza genera, inoltre, un effetto "ventoso", "etereo", come di maggior circolazione dell'aria.
Evidente la frequente sintonizzazione F0-F1 e la presenza oltre norma di VTI con assenza completa di SPI. E’ l’emissione che permette di esplicitare l’ambito tonale più acuto dell’estensione fisiologica. Per il carattere spiccatamente contraffatto, la si utilizza per usi "estremi", espressionistici, per soluzioni grottesche, mai di tipo naturalistico, e spesso in riferimento a un mondo astratto, di pura vocalità.
Abbiamo mutuato la definizione supplementare di “throat voice" da quella di “throat singing", del canto di tradizione mongolica. La supplementare sorgente laringea delle false corde nell'utilizzo parlato, permette di ottenere effetti d'imitazione "motoristica" di grande sonorità e pochissimo "rumore". Il rapporto rumore/armoniche è ovviamente alterato nel vocaligramma, ma in realtà la sovrapposizione vibratoria delle false corde, a una frequenza che corrisponde alla metà della frequenza vibratoria delle corde vocali, nonostante la spiccata impronta di gutturalità artefatta, non conferisce a questo risonatore un carattere di fatica né di sofferenza.
Vi è marcata componente di rumore in tutto lo spettro ma le formanti sono riconoscibili. E' la voce "ruggente" per definizione, temperabile su una vasta gamma tonale e in un'ampia scelta di ambiti risonatori, che vanno dalla laringalità più aperta alla nasalità più circoscritta. Per una migliore ottimizzazione del menage vocale, è comunque consigliabile "alleggerire" lo stress laringeo, mantenendo una costante proiettività risonatoria verso il palato duro. La rumorosità prodotta dalle aritenoidi può essere metabolizzata in effetti di grande so-norità e potenza vocale, utilizzabile con personaggi "importanti” quali un ”leone re della foresta", un "capo" o un "grande maestro", autorevole e portatore di una saggezza antica. Il carattere più o meno "rauco" e "cartavetrato" di questa emissione, ne fa un ottimo strumento anche per voci "vecchie" e/o "affaticate".
Caratteristico è il suo abbinamento con il multifonico (ARITENOIDEO-MULTIFONICO)
Nota:
Possiamo anche dividere i risonatori in “fondamentali”, il cui utilizzo singolo dà voce a timbri “semplici” e in “composti”, la cui combinazione dà voce a timbri “misti”, come nel caso del NASALE-VELARE, ponendo un trattino di congiunzione tra i nomi dei risonatori usati